Caccia ai cervi e il ricorso al TAR: una questione di numeri o d’immagine?

469 cervi, 469 cervi, 469 cervi! Oramai è un numero che qui conosciamo bene, benissimo. E che abbiamo impresso nella nostra mente anche da quando in queste ore è trapelata la notizia secondo cui i giudici del tribunale amministrativo dell’Aquila avrebbero confermato la caccia ai cervi. Caccia comunque sospesa fino alla prossima udienza fissata per il 7 novembre. Quello che ci stiamo chiedendo è se il polverone che si è alzato in tutta Italia su questa vicenda ha davvero senso. Cerchiamo di capirne di più in questo articolo perché la questione oltre che essere diventata di dominio pubblico è anche culturale.

Popolo di assassini!

Il primo giornale che ha pubblicato la notizia, trasformandola da regionale a nazionale, è Il Fatto Quotidiano. Tra i tanti articoli, ad inizio settembre l’episodio veniva messo in luce dal giornalista e professore universitario Giovanni Iacomini. Il tutto veniva riportato con un titolo che recitava, che recitava “Di cervi in Abruzzo ce ne sono molti ma nulla può legittimare l’abbattimento e il bracconaggio”. L’articolo, visionabile qui, parla di come la caccia al cervo non abbia senso e di come forse ci sia già una strumentalizzazione politica in corso. Ricordiamolo, Il Fatto Quotidiano è un giornale molto vicino al movimento 5 stelle (in minoranza in Consiglio Regionale in Abruzzo) e che finora non aveva mai affrontato la questione dell’abbattimento dei cervi in altre regioni italiane, dove questa pratica è abituale (vedi Trentino Alto Adige). Ma la rilevanza dell’argomento, che poteva nascere come politico contro il governo Marsilio, ha avvicinato numerosi stakeholders, come le associazioni degli animalisti, che però rimangono impotenti nelle altre regioni italiane.

Il ricorso al TAR

Ovviamente reazioni politiche da una parte, con il centrosinistra e il M5 stelle che gridano allo scandalo, e delle associazioni animaliste dall’altra, che assolutamente non ci stanno a questo provvedimento. Secondo loro è errato il modo in cui avviene il calcolo del numero dei cervi in quanto sono gli stessi cacciatori che quantificano i capi da abbattere e poi a procedere. In più, “il cervo è un animale che non deve essere abbattuto”. Il WWF ha lanciato anche una petizione, che ha superato in poche ore oltre 83 mila firme per dire no a quel provvedimento che è definito sempre dalla stessa associazione “un regalo ai cacciatori”.

Fatto sta che l’opinione pubblica ha gridato allo scandalo, paragonando i vertici della nostra regione ad assassini. O come scrive La Stampa con Saverio Occhiuto il 9 ottobre “Si può sparare ai Bamby”. Come dire, uno scempio sparare anche a quell’animale che è bello e grazioso e che nei film è spesso accanto ai bambini.

Ricostruiamo la vicenda

L’ otto agosto la Regione Abruzzo emanava la delibera secondo la quale c’è bisogno di procedere all’abbattimento dei cervi perché causano troppi incidenti stradali e sono una minaccia alla fauna selvatica. Venivano precedentemente pubblicati anche i tariffari per i cacciatori: ad ogni capo abbattuto, una ricompensa. E se sei un cacciatore di fuori regione, il pagamento a fronte dell’uccisione viene più che raddoppiato. Chi è sempre stato d’accordo è Confagricoltura, che vedendo danneggiati i raccolti, appoggia il provvedimento fin dagli albori. Da qui un’altra riflessione: siamo diventati così avidi che per difendere le nostre economie e produzioni distruggiamo tutto e tutti? E ancora: quali innovazioni tecnologiche hanno introdotto gli agricoltori per far si che le loro coltivazioni non fossero penalizzate dagli animali selvatici?

Che differenza c’è tra i cinghiali e i cervi? Quali sono i danni provocati dall’uno e dall’altro animale?

Perché allora nessuno dice nulla sulla caccia ai cinghiali e tutti si indignano invece per l’abbattimento dei cervi? Analizziamo i dati per capirne le ragioni. In Italia ci sono oltre 1 milione e mezzo di cinghiali, e ne vengono abbattuti circa 300.000 ogni anni. In Abruzzo i cinghiali sono oltre 100.000. Causano agli agricoltori italiani un danno annuo per le coltivazioni che si attesterebbe sui 120 milioni di euro, di cui 18 milioni solo in Abruzzo, la regione più colpita. Inoltre, solo nel 2023, i cinghiali hanno causato oltre 170 incidenti stradali in Italia. Pur non essendo pericolosi per l’uomo, contribuiscono a diffondere la peste suina africana, danneggiando le aziende del settore.

I cervi, invece, in Italia sono circa 70.000, di cui poco più di 8.000 risiedono nella nostra regione. In un recente articolo, la giornalista Brunella Paciello, sul portale online LifeGate, a denunciato che i cervi, insieme a lupi e orsi, sono in pericolo di estinzione. Un altro dato da tener presente è che tra il primo settembre 2022 e 31 agosto 2023 sono stati indennizzati a favore degli agricoltori danni per soli 25.940 euro. Non c’è, invece, un bilancio chiaro sugli incidenti stradali provocati dai cervi. Abbattere 469 cervi risolverebbe allora quali e quanti problemi?

Una questione di numeri o di immagine?

L’Abruzzo è definito da sempre il polmone d’Europa per la sua vegetazione, per la sua flora e per quell’ambiente incontaminato che ci contraddistingue in tutto il vecchio continente. Un territorio, il nostro, ricco di diversità naturali, con il maggior numero di parchi e di aeree protette in Italia. E se nel continente africano i Big Five sono il leone e il leopardo, l’elefante, il rinoceronte e il bufalo, anche l’Italia ha in Abruzzo un territorio aspro e selvaggio che accoglie cinque animali straordinari e selvatici: il lupo e il camoscio, il cervo e l’aquila reale e soprattutto lui, l’orso. In effetti tra i simboli della regione Abruzzo ci sono l’orso bruno marsicano e il camoscio d’Abruzzo. Quest’ultimo, dopo essere stato a rischio estinzione, è al centro di un progetto di ripopolamento, con circa 3200 esemplari censiti a settembre 2020.

Per quanto diversi dal punto di vista biologico, spesso i camosci e i cervi vengono allo stesso modo. Non è raro constatare che chi arriva nella nostra regione, prima di vedere questi animali dal vivo o informarsi, li confonda o li identifichi come un’unica specie. Ed ecco perché, in prima battuta, il problema dell’abbattimento dei cervi diventa una questione morale ed etica. Possiamo uccidere animali che sono simbolo della nostra Terra?

La dominazione dell’uomo sugli animali

Poi lo sappiamo, il cervo è un’animale bellissimo, elegante, maestoso, imponente, affascinante, agile e dalla splendida pelle maculata. A differenza del cinghiale, un maiale selvatico, dal grugno brutto, peloso, puzzolente. Forse sono proprio queste percezioni a farci dire sì alla continua caccia ai cinghiali e no a quella dei cervi? Ma la dominazione dell’uomo sugli animali dove ci ha portato? La storia insegna. L’evoluzione dell’uomo è iniziata almeno 350.000 anni fa, quando da Homo Neanderthal diventò Sapiens, emancipandosi rapidamente grazie allo sfruttamento dei terreni per l’agricoltura e alla sottomissione degli animali per nutrirsi di carne. Tutto ciò per dominare le altre specie, trascurando un aspetto che col tempo è emerso sempre più chiaramente: anche gli animali hanno un cuore e un cervello. Allora perché ancora oggi non ci pronunciamo sullo sterminio dei cinghiali? Non hanno forse anche loro un cervello e un cuore? O perché sono brutti e puzzolenti li possiamo ammazzare a favore delle nostre economie?

Conclusioni

La differenza è che il cervo è un simbolo della nostra regione. E, anche se in Abruzzo ce ne fossero tanti quanti i cinghiali, ci opporremmo comunque alla loro caccia. Se riconosciamo che la discussione è di natura culturale e non basata sui numeri, dovremmo ammettere che anche l’abbattimento dei cinghiali è da contestare con la stessa fermezza. Tuttavia, sembra che questo per noi non conti. O no?

Quanto danno ha provocato l’approvazione di una legge di questo tipo per la Regione Abruzzo? Possiamo ancora considerarci il “polmone verde” d’Europa? Può la Regione più verde dell’UE permettersi di legiferare per l’abbattimento de cervi senza subire danni legati alla propria immagine?

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