Riforma Adi in Abruzzo, tante le perplessità. E’ pronta e partirà nei prossimi giorni la PEC di ISAV, indirizzata all’agenzia sanitaria regionale. Sarà una lettera di denuncia redatta dall’Avv. Dario Antonacci e inoltrata per conoscenza anche a tutti i distretti sanitari e gli ambiti territoriali. Indirizzo di destinazione è quello del Dott. Donato Cavallo dell’ARIC, colui che ad oggi ha l’incarico di attuare la riforma dell’assistenza domiciliare integrata. 3 i principi su cui l’avv. Cavallo poggia le sue convinzioni e che andremo a descrivere di seguito: la continuità assistenziale, la libera scelta e il principio di rotazione delle aziende/cooperative accreditate.
Dobbiamo fare ora una piccola sintesi su chi sono i protagonisti della vicenda e su come oggi è organizzata l’assistenza domiciliare integrata (da ora in poi Adi). Le Asl territoriali gestiscono i servizi Adi, che a sua volta sono affidati ad aziende terze (di solito società profit o cooperative). I pazienti che ne hanno diritto sono gli utenti che beneficiano dei servizi. I servizi erogati dalle società/cooperative sono pagati dalle Asl territoriali, che a sua volta rendicontano in Regione (Abruzzo).
Riforma Adi in Abruzzo: la continuità assistenziale non è garantita
Il primo elemento da analizzare è la continuità assistenziale. Da ciò che si evince dall’accordo quadro, il primo vero problema nasce quando una volta terminato il PAI (piano assistenziale individuale), il paziente che è già stato preso in carico dalla Asl di competenza, viene inquadrato come “nuovo paziente”, quando di certo effettivamente non lo è.
Questo vuol dire, con la nuova normativa, che se il caregiver entro la data di scadenza del PAI, non conferma la società/cooperativa accreditata che già si occupava del proprio caro, per il cosiddetto “principio di rotazione”, vedrà cambiare la società/cooperativa che li assiste. Tutto questo vuol dire per il caregiver e i familiari di tenere sempre a mente la scadenza del proprio PAI, mentre per le ASL una sorta di interruzione di pubblico servizio, perché occorrono comunque dei tempi tecnici per il passaggio da una società/cooperativa all’altra nel caso in cui la famiglia viene assistita da un altra società/cooperativa.
Inoltre, quanta burocrazia a carico delle famiglie, degli enti e delle ASL dobbiamo continuare ad inserire se
consideriamo un paziente con PAI scaduto un “nuovo paziente”?
La “libera scelta”
Altro elemento che il documento esalta è la libera scelta. Si tratta della libertà da parte dei pazienti e familiari di poter scegliere la società/cooperativa che lo assiste. Apparentemente l’idea non è male. Anche qui però non mancano le criticità.
Per quanto riguarda la prima fase di start up, le ASL che assegnano ai nuovi pazienti le società/cooperative accreditate in Regione in base al principio di rotazione (ovvero random e aiutando chi in quel momento ha meno pazienti) non fanno altro che creare un gravissimo danno al paziente e alle famiglia. Perché nella maggior parte dei casi Sla, si è presi in carico dell’Adi dopo gli interventi di tracheostomia e impianto della PEG quindi, in fase di dimissione protetta.
Se la società/cooperativa (da ora in poi denominato ente accreditato) non dovesse risultare idoneo e/o avere operatori che già conoscono questa patologia la famiglia appena tornata a casa (e in tante situazioni i familiari non sono stati istruiti alle pratiche di aspirazione da tracheo) si vedrebbe costretta a tornare subito alla ASL per scegliere un altro ente accreditato. Infine si ritroverebbe da subito, al rientro a casa, un paziente tracheotomizzato senza assistenza o addirittura si potrebbe incorrere nella nuova ospedalizzazione del paziente. Anche qui si potrebbe verificare un’interruzione di pubblico servizio.
Il principio di rotazione favorisce la non concorrenza tra gli enti accreditati
Possiamo subito affermare che il principio di rotazione tra le aziende è assolutamente da rivedere perché non favorisce la concorrenza tra i privati enti accreditati che non avranno nessun beneficio nell’innalzare la qualità dei servizi offerti perché poi in un modo o nell’altro i pazienti tendono ad essere distribuiti in maniera omogenea tra le aziende/cooperative (i pazienti non saranno più persone ma considerati come carne da macello).
In più questo principio di rotazione non determinerà una guerra tra gli enti accreditati per cercare continuamente operatori sanitari magari anche delle aziende concorrenti per poi essere licenziati nelle zone nelle quali non hanno o cesseranno la presa in carico di pazienti?
Per chiudere, ciò che si prospetta per i pazienti Abruzzesi, è un’assistenza domiciliare che tenderà ad essere sempre più di basso livello, con le incombenze burocratiche che aumenteranno sia per i caregiver che per le Asl territoriali. Abbiamo il dovere come associazione dei malati di Sla e come punto di riferimento in Abruzzo per tutti i disabili e i fragili, di denunciare la situazione e di mettere a conoscenza tutti gli Abruzzesi di quanto sta per accadere.
La riforma Adi in Abruzzo non può essere questa.